Nel quadro RW di Unico non va indicata la registrazione di un brevetto nazionale presso uno o più Stati esteri, in quanto allargamento della protezione brevettuale oltre i confini.
Secondo la sentenza 1779/17/2017 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (presidente Lamanna, relatore De Rentiis), l’obbligo del quadro RW sussisterebbe per coloro che sfruttano commercialmente i brevetti, anche in concessione a terzi, per conseguirne dei redditi.
Il caso
In relazione a un procedimento penale per presunti illeciti fiscali internazionali, il Fisco ha sanzionato un contribuente che dal 2007 al 2009 non ha denunciato le sue attività finanziarie all’estero, date dal contratto per lo sfruttamento di alcuni brevetti con una società britannica, risolto il 6 dicembre 2007, per un importo di 400 mila euro.
Il contribuente ha contestato le sanzioni, avvalendosi di una doppia motivazione. La prima è che la detenzione in Italia di brevetti, per i quali sia stata poi richiesta e ottenuta l’estensione della registrazione presso uno o più Stati esteri, non è automaticamente qualificabile come detenzione di “attività finanziarie estere”. La seconda è che lo sfruttamento di brevetti registrati all’estero, tramite una società italiana che si occupa della concessione in uso a società estere, obbligherebbe solo quest’ultima a compilare il quadro RW.
L’amministrazione finanziaria si è opposta con due motivi. Il contribuente è obbligato alla compilazione perché queste “attività finanziarie estere” possono generare redditi e l’omissione va punita con una sanzione amministrativa pecuniaria dal 5 al 25% degli importi non dichiarati. In più, lo sfruttamento, potenziale o effettivo, dei brevetti attraverso una società italiana o estera, non è rilevante, perché il contribuente risulta essere in ogni caso il titolare.
I giudici di merito hanno dato torto, in entrambi i gradi, all’ufficio. Infatti la Commissione Tributaria ha affermato che l’omessa compilazione del quadro RW, avente ad oggetto brevetti nazionali per i quali è stata richiesta e poi ottenuta la registrazione anche in altri Stati esteri, va provata dall’ amministrazione con la loro diversa qualificazione in termini di attività finanziare estere. Infatti, l’estensione della registrazione all’estero di un brevetto nazionale non consente di per sé di qualificarlo come “attività finanziaria estera”, ma di ampliarne la protezione brevettuale oltre i confini nazionali.
La ratio della legge è quella di monitorare le operazioni finanziarie da e verso l’estero. Pertanto l’obbligo di indicare nel quadro RW le “attività finanziare estere” spetta sia al titolare dell’attività finanziaria sia a quanti ne hanno la materiale disponibilità. Ne consegue che il presupposto sanzionatorio può dirsi effettivamente integrato attraverso il concreto potere dispositivo sulle risorse economiche all’estero, indipendentemente da colui che ne risulti titolare.